A seguito di una riunione delle Commissioni Cultura della Camera e del Senato, il Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, annuncia un ulteriore capitolo della riforma da lui avviata nell’estate del 2014. Il comunicato stampa dice che aumenteranno “i presidi di tutela sul territorio nazionale, che, proprio per l’archeologia, passano dalle attuali 17 Soprintendenze Archeologiche alle nuove 39 Soprintendenze unificate”. In realtà con l’accorpamento le Soprintendenze non aumenteranno ma ce ne saranno meno, con maggiori ambiti, più uffici e lo stesso personale.
Tra queste non poteva mancare Taranto, che dovrà dire addio alla Soprintendenza dei beni archeologici, in quanto sarà trasferita a Lecce. Notizia inaspettata soprattutto se ricordiamo le affermazioni fatte dal ministro tempo fa, quando sosteneva che “Taranto è una sfida per il Paese, e quando parlo di Taranto penso a Torino, città che da capitale dell’industria è diventata una delle città culturali più visitate. Taranto è l’unica città spartana al mondo. Dovrebbe investire su questo deposito di memoria che è anche una grande carta nella competitività del turismo mondiale” .
Il nostro è un territorio ormai abituato agli scippi, ma in un momento storico in cui si torna ad intravedere un minimo di risveglio da parte dei cittadini, associazioni ed operatori culturali e turistici, la decisione del Ministro Franceschini pare azzardata e dettata da una superficiale conoscenza del territorio Tarantino.
Sud in Movimento ritiene da sempre che un territorio debba basare la propria dignità sulla cultura e sulla storia, Taranto ha una storia millenaria che consentirebbe di creare sviluppo e ricchezza al pari di altre città d’Italia, che hanno saputo valorizzare le loro radici. Oggi noi abbiamo bisogno di creare occupazione per vie alternative alla grande industria, ripartire dalla storia e dalla cultura, non è solo il primo passo, è il passo dovuto.
Spostare la Soprintendenza di Taranto a Lecce, va esattamente nella direzione opposta, quando in realtà servirebbero maggiori risorse e maggiore energia da parte dello Stato verso la nostra intera Provincia.
Non è questione di campanilismo anche perché data la breve distanza tra Taranto e Lecce non lo giustificherebbe, il problema in realtà sta nella facilità con cui questa operazione sarebbe possibile dato che al confronto di altre città, i millenni della storia di Taranto (e del Sud) non trovano lo stesso peso mediatico e la stessa presenza tra i libri.
Sud in Movimento ritiene che sia giusto eliminare gli sprechi, semplificare e razionalizzare ma non si può cancellare con un colpo di spugna più di un secolo di storia, senza nemmeno consultare le istituzioni locali. In una paese come l’Italia, dove ogni luogo ha le sue bellezze e peculiarità, si dovrebbero sostenere le istituzioni che si occupano di tutela perché sono la nostra “ricchezza” non solo spirituale ma anche materiale. I tagli lasciamoli ad altri settori
Aggiungiamo inoltre la considerazione che in questi anni anche l’amministrazione comunale di Taranto si sia resa colpevole, non avendo saputo valorizzare l’esistente. Una città che avrebbe urgenza di ridisegnarsi a prescindere dal comparto industriale. Durante le varie amministrazioni non hanno mai avuto vita iniziative degne di nota, nessun tentativo di unire le varie voci politiche ed associative per decidere una strategia comune e di peso. Con che coraggio si parla di Archeologia?
Se vogliamo far rinascere non solo il Sud ma l’Italia intera non possiamo pensare di togliere ad una città come Taranto un’istituzione culturale che è simbolo della stessa. La nostra alternativa è la cultura ma bisogna pensare a un altro modo di semplificare e razionalizzare le procedure senza cancellare più di un secolo di storia, considerando che la sede della Soprintendenza di Taranto risale al 1907.