Giunti ormai alla IX Edizione de “la Notte dei Briganti” siamo costretti a ritornare sul binomio ambiente violentato e sfruttato, già trattato sin dalla prima edizione. Già allora ci ponevamo come termine del confronto quello della devastazione ambientale e sociale, esercitata sui territori dai giganteschi complessi industriali. Facevamo i conti nei Comuni della Provincia con i guasti prodotti dalle grandi fabbriche insediatasi a Taranto sin dagli anni’60, dapprima con l’insediamento dell’Italsider, poi con la raffineria dell’Eni e la Cementir, “ospitando” nelle terre rosse tra Grottaglie e San Marzano, a Statte, a Lizzano, gli scarti di quel sistema, e non solo. Una grossa parte dei rifiuti tossici provenienti dall’intero complesso industriale italiano: dalla chimica alla petrolchimica alla farmaceutica smaltiti legalmente e illegalmente laddove ci fosse una cava da ricolmare, o un buco da riempire. Le discariche per rifiuti speciali, gli inceneritori, le fabbriche impattanti sulla salute delle persone sono tutti paradigmi, tutte espressione del sistema economico capitalistico. Che di fatto, godendo dell’assenza di vincoli politici e legislativi degni, hanno prodotto sui territori, con il passare del tempo, una serie di effetti negativi a cascata, tra cui vi sono sicuramente la sottrazione di risorse e il conseguente impoverimento delle comunità. Ciò che è più importante: nel nome del massimo profitto si è compromesso lo stesso diritto di sopravvivenza alle generazioni future. Sono stati violati i diritti dei lavoratori, e della salute, per tutti.
La misura, però, è colma. Crediamo siano necessari interventi adeguati ed immediati che affrontino la crisi in questione nella sua interezza e complessità, trovando soluzioni in grado di coniugare le diverse dinamiche economiche e sociali, contrastando quella logica del ricatto occupazionale, che impedisce l’edificazione di un altro modello di sviluppo. Il caso dell’ Ilva di Taranto è un esempio emblematico, ma non il solo, di sfruttamento ambientale e sociale; è un impianto altamente inquinante, come tantissimi altri in Italia, che ha devastato le risorse naturali di un intera provincia, ma è soprattutto parte di un sistema consolidatosi nel tempo, che ha aggredito molteplici aspetti delle nostre esistenze. L’ emergenza sanitaria che affrontiamo quotidianamente è solo uno dei tanti riflessi, delle tante drammatiche conseguenze del modello iper – liberista che ci dice che non ci sono alternative: all’accrescimento delle patologie tumorali, cardiopatiche e respiratorie, all’aumento del 21% delle percentuali delle morti infantili a Taranto (stando al recente studio “Sentieri” condotto dall’Istituto Superiore di Sanità), alla devastazione dei territori.
A tutto questo diciamo basta. Pretendendo e rivendicando il diritto a una sanità libera da limiti di accesso, che non subisca nuovi tagli strutturali, e che sia capace di contribuire allo sviluppo dei fondamentali livelli di prevenzione e assistenza. All’altro dramma correlato a un sistema economico ormai guasto, quello della disoccupazione giovanile e femminile capace di incidere con violenza nella società, impedendo qualsiasi forma di relazione economica svincolata da speculazioni e sfruttamento, pretendiamo nuove forme di produzione sostenibili attuabili attraverso la rivendicazione del Reddito di base, strumento principe capace di contrastare clientelismo, malaffare e speculazione, e restituire dignità alle vite di ognuno di noi. A partire da ciò, vogliamo contribuire a costruire un’altra società, un altro mondo possibile.
Negli ultimi anni, tuttavia, la crisi ambientale che attraversa l’ intero Paese – da Nord a Sud – ha svolto una duplice funzione: se da un lato ha palesato l’ esistenza di un complesso sistema di speculazione, pubblico e privato, a danno dei territori, (come ormai da più parti, ormai, è stato riconosciuto), contemporaneamente ha innescato la costruzione di una nuova partecipazione collettiva di opposizione a tali fenomeni. Un po’ in tutta Italia si sono costituiti nuovi comitati, reti, movimenti e realtà associative che tutte insieme formano un nuovo modello di partecipazione politica dal basso, denunciando quotidianamente i tanti casi di inquinamento e contaminazione presenti nel nostro Paese e dimostrando che nessuna Regione è immune dagli scempi.
Anche i comitati della nostra Regione, la Puglia, vittima di molteplici opere di devastazione, hanno partecipato attivamente, negli anni, alla creazione e al rafforzamento delle lotte di rivendicazione in difesa del territorio, moltiplicando le iniziative di protesta e informazione, inserendo in ognuna di esse anche l’ obiettivo di individuare nuovi sistemi di produzione, realmente compatibili con l’ ambiente. E’ all’esperienza di Stop Biocidio, nata in Campania e poi diffusasi nel Lazio e in Abruzzo, che guardiamo con interesse, come esempio virtuoso, di come, cioè, l’ unione tra i vari comitati provinciali abbia determinato il risveglio di una coscienza collettiva, capace di oltrepassare i confini geografici regionali e realizzare un movimento di protesta nazionale. Anche in Provincia di Taranto, anche in Puglia, vogliamo fermare il biocidio: il costante e criminale sterminio di esseri umani attraverso lo sfruttamento affaristico dell’ ambiente. Non è una interpretazione apocalittica della realtà, è la condizione causata da decenni di malaffare.
Di fronte ad un’ emergenza sanitaria, ambientale ed economica di una così grave entità, come Sud in Movimento, al pari dei comitati che lottano contro discariche ed inceneritori presenti nella Provincia di Taranto, riteniamo che qualsiasi nuova forma di ingiustizia sociale ed ambientale debba essere bloccata perché non è accettabile, per nessun motivo, che alla nostra terra assieme ai popoli che la abitano venga anche tolta la dignità e la possibilità per poter riemergere. Di autodeterminarsi, per costruire una società più equa e giusta, dove ogni individuo non sia più un automa vittima dello schiavismo capitalista, ma una persona libera di esprimersi cooperando col resto della comunità.