ILVA: la rivoluzione mancata

Passano i Governi, cambiano i ministri ma la linea politica rispetto alla questione ILVA rimane sempre la stessa. La salute sempre in secondo piano e un accordo sindacale che strappa una buona parte di diritti sotto la voce: ” non si poteva fare meglio”. Il ricatto continua e peggio di prima.

Il S.I.M, come noto, nasce come movimento a forte vocazione ambientalista, figlio anche delle politiche (scellerate) che hanno storicamente caratterizzato lo sviluppo socio- economico del territorio Jonico.

Conosciamo bene la questione ambientale di Taranto e ci teniamo a ribadire la nostra posizione nei confronti di Ilva.

Riteniamo sia stato un errore l’insediamento di un polo industriale, in pieno stile americano, concentrato in un territorio, senza considerarne la sostenibilità.

Infatti, se da un lato la nascita dell’Italsider ha portato, indiscutibilmente, un “boom”  soprattutto economico e occupazionale, dall’altra, non si è tenuto mai conto degli effetti ambientali impattanti a lungo termine su tutta la provincia.

Consideriamo incosciente (e la storia ci ha dato ragione) la scelta di consegnare un impianto di tale rilevanza nelle mani di una multinazionale, cambiando di fatto i suoi principi fondanti, da sviluppo socio-economico per il meridione a profitto privato.

È dunque diabolico, secondo noi,  perseverare con la logica privatista che ignora l’interesse pubblico favorendo il profitto di pochi, a discapito della vita, con atti scellerati come l’immunità penale, ma non solo.

Gli atti d’intesa e i processi protrattisi  negli anni, alla luce dei fatti, si possono tranquillamente definire una colossale presa in giro, e sommati al resto, come risultato, provocano un devastante disagio sociale in una provincia martoriata con oltre il 40% di disoccupati e un grave danno sanitario scientificamente provato. Costringendo la popolazione a scegliere tra un ignobile dilemma: salute o lavoro.

L’accordo sindacale raggiunto, dopo mesi di estenuanti passaggi istituzionali e di strane dichiarazioni, ci restituisce una situazione priva di novità tecnologiche e gestionali dello stabilimento, ma soprattutto non dà risposte dal punto di vista ambientale vista la situazione sanitaria del territorio.

Per non parlare del nuovo contratto che i lavoratori andranno a firmare il quale garantisce sì un mantenimento dei livelli economici acquisiti negli anni, ma getta ombre, serie ombre, sulla contrattazione di secondo livello che verrà messa in discussione nei prossimi due anni.

L’impegno sindacale sarà stato sicuramente volto a cercare di garantire le “massime” garanzie, ma non si può nascondere che a venir meno siano un piano industriale in grado di produrre dei seri cambiamenti strutturali alla produzione, e soprattutto un piano ambientale e sanitario in grado di rispettare la città e i lavoratori visto l’aumento esponenziali delle malattie.

Siamo dell’idea che se ILVA deve continuare a produrre ha bisogno di cambiare radicalmente il ciclo produttivo, dopo la bonifica e messa in sicurezza dei suoli.

Contrariamente non ha più ragione di esistere una produzione di quel tipo che va anche in contrapposizione con le più elementari norme europee in termine di ambiente, dove si pretende che i cittadini vengano messi al centro delle politiche da perseguire.

Se cosi non è non ha senso “illudere” una città e 12mila lavoratori, anche perché il pacco, come è stato preparato, è tutto a favore della multinazionale indiana che con il minimo sforzo, blindato per legge, farà i massimi profitti per un po’ di anni per poi lasciare tutto cosi com’è adesso.

A perdere saranno nuovamente cittadini e lavoratori.

Se l’acciaio è così fondamentale come si dice, allora realizziamo un impianto moderno altrove, possibilmente lontano da centri abitati, in linea con la legge Seveso, pubblico e senza la necessità di affidarci alla multinazionale di turno. Sarebbe una svolta epocale per Taranto e l’Italia stessa oltre che un vero segnale di cambiamento.

Non vogliamo entrare nella ridicola guerra tra i vari partiti di Governo, ma ci rendiamo conto che ultimamente la parola Taranto è diventata merce di scambio tra gli attori sgangherati della politica locale, regionale e soprattutto nazionale.

È necessario quindi che la politica esca dai social e vada a raccontare la verità ai cittadini e ai dipendenti, perché qui non ha vinto nessuno, non è stato raggiunto nessun risultato migliore possibile, anzi i cittadini continueranno ad ammalarsi e gli operai andranno a lavorare con il rischio di morire e nessuno potrà pagare.

Ma non avrebbe vinto nessuno nemmeno se avessimo chiuso ILVA senza un piano industriale di riconversione.

La rivoluzione culturale del paese Italia deve e può ripartire da Taranto senza personalismi e interessi personali, ma con un grande senso di appartenenza al quel territorio a cui molti devono chiedere scusa.

Segreteria Sud in Movimento